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- 18/06/2018 13:33
Le liste d'attesa: perché si formano? E si possono ridurre?
Sono anni che ci lamentiamo delle liste di attesa e non solo quelle ospedaliere, ma anche e soprattutto quelle relative alle prestazioni specialistiche. Mesi per fare una Tac o per avere un intervento chirurgico. L’urgenza spesso viene rispettata ma forse anche per questo nei Pronto soccorso si riversano problematiche che talvolta urgenti non sono. L’assistenza in regime di extra-moenia sicuramente beneficia di questa situazione e nelle offerte di assicurazioni sanitarie private c’è la promessa di non dover subire attese fastidiose se non addirittura pericolose per la propria salute.
Ma è inevitabile che si creino liste di attesa così lunghe? E che si può fare per eliminarle o ridurne i tempi? Voi che pensate e che proponete?
Io la penso così...
Provate a versare in un lavandino più acqua di quanto lo scarico o il troppo pieno riescano a far defluire: che succede? Che l’acqua esonda e allaga il bagno! E se vi è un grosso ingorgo su una strada che succede? Che si forma una coda che potenzialmente si potrebbe allungare all’infinito se l’ingorgo non venisse risolto a meno che gli automobilisti informati prendano un’altra strada, ma poi anche questa si riempierebbe e il traffico si bloccherebbe in tutta l’area. Quando poi vogliamo prenotare un buon ristorante o assistere a uno spettacolo e vi sono delle liste di attesa, perché queste si creano? Perché la domanda è maggiore dell’offerta dei posti. E perché la lista non cresce all’infinito? Perché oltre un certo limite le persone preferiscono rinunciare invece che aspettare, e fanno a meno di quel ristorante o a quello spettacolo e scelgono qualcos’altro.
L’equilibrio dell’ampiezza di una coda di attesa è data quindi dall’equilibrio del rapporto tra i volumi di domanda e di offerta e il rapporto tra l’utilità della prestazione e la disutilità dell’attesa. Se non ci fossero delle rinunce le code di attesa, rimanendo costanti domanda e offerta, aumenterebbero all’infinito, ma così non accade mai perché la disutilità annullerebbe l’utilità e quindi ridurrebbe sempre più la domanda. Ma l’offerta rimarrebbe in ogni caso costante e quindi continuerebbe a poter soddisfare solo una quota della domanda pari all’offerta stessa.
Ciò significa che la lista di attesa di un sistema sanitario “chiuso”, cioè senza la possibilità di ricorrere all’esterno, come strumento per gestire le code, ha come unico effetto quello di disincentivare la domanda e se si riuscisse però a fare in modo che la domanda fosse contenuta con altri sistemi al suo sorgere, allora la lista di attesa sarebbe pressoché eliminata. Allora ci si deve chiedere: è giusto contenere comunque la domanda? E porsi anche la subordinata: è giusto contenerla con delle liste di attesa? Al primo quesito la risposta può essere positiva solo se il contenimento della domanda opera sulla sola quota di inappropriatezza altrimenti significherebbe creare una perdita di assistenza, al secondo quesito invece la risposta è meno immediata.
Se l’utente infatti fosse realmente in grado di valutare l’utilità assistenziale della prestazione oltre alla disutilità complessiva della stessa, allora la lista di attesa contrarrebbe solo la quota di domanda a più scarsa utilità o addirittura a utilità negativa. Ma siccome l’utente non è e non può considerarsi capace di valutare l’utilità clinica, questo deve essere fatto necessariamente dal prescrittore. In questo modo ci sarà una quota di domanda gestibile immediatamente con una parte dell’offerta e per la rimanente quota l’offerta potrà poi soddisfare una domanda di ridotta necessità.
Ciò significa che l’accesso alle prestazioni governato dal prescrittore non deve riguardare l’urgenza bensì l’utilità anche se l’urgenza deve considerarsi come parte dell’utilità. Al di là di tutto ciò se rimangono ancora delle liste di attesa importanti significa che o il prescrittore non è stato capace di indicarne correttamente l’utilità o il sistema non è riuscito a prenderne atto o infine che l’offerta è realmente sottodimensionata rispetto alle necessità cliniche reali e quindi deve essere ampliata.
I due punti critici del governo delle liste d’attesa sono quindi la capacità del prescrittore e del sistema di gestire i criteri di utilità e la disponibilità di risorse per dilatare l’offerta laddove la domanda realmente necessaria non riesca ad avere risposta senza l’ostacolo delle liste di attesa.
Non insistano perciò i venditori di chimere a prometterci la riduzione delle liste d’attesa senza dirci con chiarezza come pensano di far aumentare il livello di appropriatezza delle prescrizioni e senza dire ai cittadini che lo Stato, giustamente, non deve coprire la loro quota di domanda di prestazioni inappropriate ed è giusto che sia lo Stato, fondandosi sulla medicina basata sulle prove di efficacia, e non il cosiddetto “popolo”, a dire se una prestazione sia o meno appropriata.
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3.
Occorre intervenire: -
Occorre intervenire:
- migliorando l'appropriatezza prescrittiva
- implementando l'assistenza territoriale con lo scopo di limitare gli accessi inutili ai PS
- curando il rapporto fiduciario medico-paziente (la prescrizione non deve essere frutto di una richiesta dell'assistito ma di una condivisione "ragionata" tra MMG/specialista e paziente)
- incentivando i medici a svolgere la propria attività in rapporto esclusivo con il SSN (con un adeguato riconoscimento economico)
- effettuando un serio controllo anche sulla sempre più diffusa attività extra-moenia per far emergere eventuali conflitti di interesse e comportamenti illeciti che orientano il paziente ad una scelta obbligata verso il privato.
2.
Il rapporto di lavoro dei medici è un autogol per il SSR
Le liste di attesa sarebbero molto ridotte se tutto il personale del SSN fosse a rapporto esclusivo e se la libera professione intramoenia (ALPI) fosse resa possibile evitando accuratamente il conflitto d'interessi e quindi mai verso lo stesso paziente che ha diritto alle cure pubbliche.
In questi mesi in Puglia è stata presentata una pdl che vorrebbe allineare tempi SSR e ALPI sospendendo quest'ultima. Funziona già in ER. Grande scandalo. A sinistra: bisogna abolirla. A destra: c'è ben altro. Conclusione: non si fa mai niente.
Perchè non basta assumere più personale: in Puglia il piano di rientro ha tagliato 4000 posti. Le liste di attesa erano ugualmente lunghe prima dei tagli.
Gli Ordini dei medici difendono l'ALPI (Tra l'altro l'OdM non può fare per legge sindacato!). Ma l'ALPI è un diritto del paziente a parità di tempi (ma chi è che paga se può andare con la ricetta?) non del medico. Un'altra stortura è l'extramoenia. Chi la sceglie può fare quel che vuole, anche gli interventi chirurgici che dovrebbe fare dentro. Ma se aveste un negozio permettereste al vs commesso di lavorare nel negozio del tuo concorrente?
Su Fb un collega mi ha scritto: sarebbe come vietare i taxi quando i bus non funzionano. Già, ma hai mai visto i taxi guidati dagli autisti dei bus?
1.
1.Liste d'attesa lunghe per
1.Liste d'attesa lunghe per carenza personale
2. Medici a contratto con 10 visite/esami strunentali al giorno. Stipendio ripagato compreso personale infermieristico
4.
Non solo appropriatezza e produttività
da Eugenio PaciSi, hai ragione Cesare, se ne parla troppo, risparmiamoci la solita inchiesta giornalistica (ministeriale o no) agostana! L’appropriatezza è centrale su questo tema. Ma l’altra componente importante è la produttività, che non è solo personale, ma combinazione dei fattori produttivi, sistema informatico, organizzazione, management etc. Tutto, si vorrebbe risolvere in nuove assunzioni, ma cambierebbe assai poco. Io vivo a Firenze, circa 3 mesi fa, ho prenotato al nuovo servizio dell’AOU Careggi un prelievo di sangue (prelievo amico). Tutto per via informatica, appuntamento individuale al minuto (letterale), accettazione al minuto (letterale), e poi in una ventina di minuti tutto il servizio tracciato ed eseguito con gentilezza e competenza. I servizi che funzionano in maniera efficiente e produttiva - ce ne sono - riconciliano con il servizio pubblico e spesso anche a minor costo. Il problema è che in Italia lo trovi lì, ma a poche centinaia di metri di distanza, girato l’angolo, in mondo è quello di ieri. Il perché i cittadini Italiani non siano disposti a finanziare di più il Servizio sanitario nazionale (in gran numero preferiscono la flat-tax, pressoché tutti vogliono pagare meno tasse) è forse perché non capiscono come si usano i soldi pubblici, a loro sembra che servano poco a migliorare i servizi e molto invece a garantire qualche incompetente o a perdersi in qualche appalto. Come dimostrano gli andamenti della spesa, in termini assoluti, essa dal 2000 è cresciuta e poi appiattita durante la crisi del 2008. Vi è stata, a giudizio di noi che viviamo da dentro il sistema, anche una risposta di produttività e qualità o invece c’è anche una responsabilità nostra perché non si vuole, non si può e non si sa cambiare? Questo nella quotidianità, non nelle grandi campagne come la copertura dell’Epatite C, che è importante, ma poco legata al bisogno quotidiano della maggioranza delle persone. Si è forse visto l’impatto che l’informatizzazione avrebbe dovuto avere a favore dei cittadini - non solo nel permettere di sbrigare pratiche, ma nei rapporti con la cura, a partire dai medici di medicina generale? L’appropriatezza spiega molto delle liste di attesa (e non solo). Ma dovremmo riflettere sulla vera tragedia nazionale che è stato il Decreto Appropriatezza. Non per i contenuti, più o meno discutibili, ma per il burocratico distacco, l’assoluta separatezza dal mondo della cura, della professione e delle persone. Il non coinvolgimento dei professionisti di tutte le qualifiche - accompagnato dall’allora vigente rifiuto a priori di qualsiasi proposta governativa - ha messo una pietra tombale su quell’iniziativa, che è difficile riproporre con ragionevolezza. La verità è che non si vede come costruire un credibile e competente riferimento di sanità pubblica nelle Regioni e nei Ministeri. La governance centrale del sistema vive, da più di un decennio, di un vuoto tecnico, con una gestione prevalentemente economicista. Basti vedere come siano limitati (anche se poi nei fatti si stanno un po’ allargando) i compiti nella definizione delle linee guida dell’ISS, una struttura di sanità pubblica che ha una autorevolezza tecnico-scientifica. Se non si governa la sanità pubblica, è difficile reggere un sistema che è oggi impantanato in ingranaggi pubblici sempre più burocratici e autoreferenziali, con meccanismi premianti i mediocri. Questo è il primo, vero sforzo da fare, premiando le competenze e la capacità di governare il sistema. Ma richiede una notevole azione di riforma, a partire dall’irrisolto problema dell’articolo V della Costituzione.