Riassunto

La risposta all’emergenza determinata dalla diffusione dei casi di COVID-19 deve essere il più possibile basata su evidenze scientifiche. L’incertezza in alcune misure, fin dall’inizio della crisi, è legata purtroppo al fatto che le evidenze disponibili sono limitate, trattandosi di un virus che ancora conosciamo poco. Dire che abbiamo poche evidenze non vuol dire comunque che le evidenze disponibili non possano indirizzare le scelte di politica sanitaria. Queste, a mio parere, le evidenze indispensabili per la pianificazione della risposta

La risposta all’emergenza determinata dalla diffusione dei casi di COVID-19 deve essere il più possibile basata su evidenze scientifiche. L’incertezza in alcune misure, fin dall’inizio della crisi, è legata purtroppo al fatto che le evidenze disponibili sono limitate, trattandosi di un virus che ancora conosciamo poco. Dire che abbiamo poche evidenze non vuol dire comunque che le evidenze disponibili non possano indirizzare le scelte di politica sanitaria. Queste, a mio parere, le evidenze indispensabili per la pianificazione della risposta:

1. COVID-19 è causata da un virus respiratorio con forti caratteristiche pandemiche. La veloce diffusione iniziale a Wuhan lo suggeriva. Oggi sappiamo che quello che lo rende particolarmente insidioso è l’elevato numero di persone che sono contagiose in presenza di sintomi molto lievi o anche prima di manifestarli. Più del 50% dei casi risultati positivi in Italia sono in isolamento domiciliare, vale a dire non hanno sintomi rilevanti.

2. La trasmissione asintomatica è stata inizialmente ritenuta residuale (in analogia con SARS). I primi modelli di diffusione hanno invece mostrato quanto il ruolo della contagiosità prima della comparsa dei sintomi o nei casi paucisintomatici fosse importante. Oggi, i dati del focolaio nel Nord-Est lo confermano.

3. La trasmissione è molto efficiente per via respiratoria per cui le misure da attuare sono quelle tradizionali del contenimento:
a) identificazione precoce dei casi;
b) isolamento dei positivi;
c) identificazione della catena dei contatti (calcolando un periodo di incubazione che può andare da 2 a 14 giorni);
d) misure di distanziamento sociale.

4. La curva di distribuzione (osservata) della durata del periodo di incubazione va da 2 a 14 giorni, con il grosso dei casi intorno a 5-6 giorni. Sono riportati casi eccezionali con anche 24 gg di incubazione, ma potrebbero essere anche artefatti cioè casi in cui non si è individuata una fonte più recente.

5. La ricerca attiva dei casi con tamponi negli asintomatici è importante nelle fasi iniziali: si deve ricostruire la catena di contagio. Oggi all’OMS il ‘caso’ di COVID19 è definito ‘un individuo positivo al test’, indipendentemente dalla presenza di segni e sintomi.

6. Le mascherine chirurgiche in tela servono ai soggetti con sintomi respiratori per proteggere chi li circonda. Le maschere con respiratore (fp2 o fp3) servono a chi, come gli operatori sanitari o professionisti dell’emergenza, debbano proteggersi dal rischio di contagio.

7. Una revisione sistematica di studi fatti in precedenza sui coronavirus ha dimostrato che in condizioni sperimentali il virus può resistere sulle superfici fino a 9 giorni. Questa evidenza ha valore per indirizzare le misure di sanificazione in ambiente ospedaliero e nei pubblici servizi, ma ha poco significato per la diffusione epidemica, visto che la via di trasmissione aerea è ben più efficiente.

8. Il tempo di raddoppio dei casi è valutabile in 6-7 giorni. In Cina il 20% dei casi ha richiesto l’ospedalizzazione ed un 5% la terapia intensiva. La letalità grezza stimata è stata intorno al 2%. Dai primi dati raccolti nel focolaio italiano su 528, circa il 30% è ricoverato e un ulteriore 7% è in terapia intensiva. Il numero più elevato è assolutamente in linea con il fatto che la popolazione italiana ha una quota di anziani estremamente più alta rispetto alla Cina.

In definitiva, quello che ci indica l’epidemiologia è che ci troviamo di fronte a un serio problema di sanità pubblica aggravato da una particolare struttura della popolazione e da un sistema ospedaliero che lavora sempre al limite delle capacità e con minimi margini di resilienza. Il rallentamento della velocità di trasmissione continua a essere urgente e necessario per permettere al sistema sanitario di prepararsi all’aumento improvviso di ospedalizzazioni.

28 febbraio 2020

Conflitti di interesse dichiarati:
l'autore ha ricevuto grant di ricerca e ha partecipato
ad advisory board per conto di GSK, MSD, Pfizer, Sanofi e Seqirus.

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