Epidemiologia&Prevenzione è una rivista scientifica di sanità pubblica che ha come obiettivo lo studio e la promozione della salute nelle popolazioni. Per questo motivo, più di un anno fa, ci eravamo chiesti quale fosse la situazione di salute della popolazione dell’Aquila a più di sei anni dal terremoto del 2009 che l’aveva così pesantemente colpita. Volevamo capire anche quanto e come la sanità pubblica italiana e la ricerca avessero contribuito a pianificare la sorveglianza di tutta la popolazione, ma soprattutto dei gruppi di cittadini a maggior rischio di manifestare effetti a distanza dell’esposizione al terremoto. In quei giorni erano ancora vive le questioni giudiziarie legate non solo a fatti di corruzione nel processo di ricostruzione, ma anche alla comunicazione della Commissione grandi rischi nei giorni immediatamente precedenti al terremoto. Interessava documentare come la comunità avesse risposto a quel disastro, solamente in parte classificabile come naturale. All’epoca verificammo quanto poco il nostro Paese è capace di conoscersi. Contatti con colleghi e consultazioni via Internet ci avevano svelato assai poco, non solo per i nostri limiti di navigatori. Finché non siamo venuti in contatto con l’Assessore alla cultura del Comune dell’Aquila e si è aperta una porta.

In questo supplemento di Epidemiologia&Prevenzione abbiamo sintetizzato la vasta produzione di articoli e ricerche che sono soprattutto il risultato del lavoro dei colleghi dei dipartimenti dell’Università dell’Aquila. Il gruppo di lavoro che abbiamo costituito insieme a loro, con il sostegno attivo della segreteria dell’Associazione italiana di epidemiologia, ha potuto in un anno raccogliere e rivalutare i contributi pubblicati dai ricercatori aquilani su riviste del circuito internazionale e relativi a temi diversi ma centrali per fornire un quadro della salute nel periodo post-terremoto. La realtà accademica dell’Aquila e l’Assessore alla cultura del Comune, che ha partecipato e ci ha sostenuti in questo lavoro, non solo hanno accolto con semplicità e volontà di lavorare insieme le nostre domande, ma hanno dimostrato come, nella grave situazione della loro comunità, vi sia un ruolo per chi opera nella salute pubblica e per la comunità che non si esaurisce nell’adempimento amministrativo e nella testimonianza.

La ricerca può accompagnare e aiutare una comunità e le sue istituzioni a riconoscersi e ricostruirsi.

Epidemiologia&Prevenzione e l’Associazione italiana di epidemiologia hanno avvertito il dovere di contribuire a far conoscere questa realtà al pubblico italiano, pur consapevoli della modestia delle loro forze. Più di 100 lavori scientifici pubblicati rappresentano un patrimonio culturale da valorizzare. Ma questo sarebbe stato un obiettivo limitato. Lo scopo è stato anche di valutare in che modo la sanità pubblica italiana si è mossa in occasione del terremoto non tanto per rispondere all’emergenza, quanto nel periodo successivo, per accompagnare la difficile fase del post-terremoto e per impostare la lettura del bisogno di salute e l’azione per il cambiamento. Tale azione, che nella pratica si è concretizzata nel lavoro e nel contributo di tanti operatori della sanità pubblica, è apparsa sin da subito poco documentata.

L’impressione che abbiamo avuto e che ci ha spinto ad approfondire l’argomento è che sia mancata una cooperazione e una riflessione comune nella comunità tecnica e scientifica sui problemi e sullo studio dei bisogni e che le istituzioni e la politica non siano state in grado di promuoverla. Una carenza che non va attribuita alla realtà locale, ma a una più generale inadeguatezza, che non è solo italiana. Gestire i disastri, che sono sempre più una sinergia di eventi naturali e di innaturali complicazioni precedenti e successive all’evento, non è un problema solo dell’Aquila. La ricerca non è un lusso autoreferenziale, può, anzi, essere la base su cui poggiare la reazione al disastro, dalla tutela della salute alla ricostruzione. Sono necessarie, però, partecipazione e programmazione, senza le quali la ricerca prende direzioni spontanee e si uniforma alle curiosità dei gruppi di ricerca che non sempre intercettano i bisogni della comunità.

Un’ultima considerazione maggiormente diretta ai lettori i E&P: in questo supplemento sono inclusi diversi contributi che non è usuale trovare all’interno della nostra rivista. Ci si riferisce, in particolare, a lavori di ricerca qualitativa, di tipo sociologico e antropologico, che seguono una loro metodologia e modelli interpretativi specifici, differenti da quelli quantitativi, consueti nella ricerca epidemiologica. Pensiamo che questa contaminazione sia un arricchimento: la sanità pubblica ha bisogno di una pluralità di metodi e di paradigmi interpretativi per riconoscere i bisogni di salute e per elaborare proposte di soluzioni efficaci. Riconoscere questa ricchezza di strumenti a disposizione della sanità pubblica vuol dire dare dignità a metodi di rappresentazione della realtà, che possono, a volte, farci vedere oltre i confini raggiungibili con i soli metodi quantitativi.

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