Riassunto

Scrivere di Barbara per noi che abbiamo condiviso con lei un pezzo importante della nostra storia professionale, e non solo, è un’impresa tanto delicata quanto catturare il volo di una farfalla e imprimerlo su una pagina.

Scrivere di Barbara per noi che abbiamo condiviso con lei un pezzo importante della nostra storia professionale, e non solo, è un’impresa tanto delicata quanto catturare il volo di una farfalla e imprimerlo su una pagina. Chi l’ha conosciuta da vicino può provare a lenire l’assenza tratteggiando certe sue caratteristiche, che corrispondono a energie ed esempi rimasti in dono, sentendosi talvolta rincuorato. Pur avendo condiviso con Barbara anni di lavoro nel chiuso degli uffici, a noi ricordarla evoca immagini di spazi aperti, di paesaggi naturali, sconfinati. Del resto, il tempo passato insieme andava oltre quelle stanze, anche se era lì dentro, con l’impegno nel gruppo, che Barbara faceva la differenza nel dare senso all’osservazione dei fenomeni riguardanti società, migrazioni e salute nella popolazione. Un senso coltivato con passione e insieme competenza.

Come le colline del centro Italia, Barbara esprimeva delicatezza: stava nel suo modo di porsi verso le questioni da affrontare e pure nei rapporti personali. Senza sprecare parole di troppo, le piaceva “stare sul pezzo”, mettendo assieme con equilibrio gli elementi di una visione. Lo faceva quando c’era da organizzare il lavoro e da dialogare con le persone che vi prendevano parte, allo stesso modo con cui abbinava i colori e i disegni dei suoi abiti, che fossero a pois sul marrone o a strisce bianco grigie. E lo faceva componendo i risultati del suo operato, facendo in modo che quanto emergeva corrispondesse con le spiegazioni plausibili, non sempre lampanti.

Del suo sguardo colpivano la brillantezza – come di una stella – e l’acume: nelle decisioni e nel cercare le soluzioni, le veniva spontaneo trovarle subito, suggerire dove andare. Lavorare e condividere scelte è stato piacevole anche per questo: l’intuizione rapida il più delle volte confermata alla fine delle discussioni. Poi «a settembre succedono giorni di cielo sceso in terra»,1 dopo bagliori improvvisi comparsi d’estate che al suo volgere lasciano una scia. Energia che solca il cielo e ti lascia col naso all’insù, ti puoi solo stropicciare gli occhi e attonito sentire che quell’energia non sarà andata sprecata e va coltivata da coloro che le stavano accanto.

Come un contadino che ara e accudisce il proprio campo, Barbara era particolarmente attenta alla qualità del suo lavoro. Nel selezionare gli argomenti da coltivare era chiara la sua volontà di occuparsi delle vulnerabilità, rendendo visibile nella trama un filo conduttore. Vi si dedicava con rigore, precisione e rispetto dei particolari, a partire dalla definizione della domanda di ricerca passando alla revisione della letteratura fino al disegno e alla realizzazione delle analisi. Probabilmente chi ha lavorato con lei non può dimenticarsi dei suoi “Pacheck”,2 controlli incrociati e puntigliosi sui dati e sulle stime grazie ai quali sapevi che, se una tabella o un grafico erano frutto del suo lavoro, i numeri tornavano. La stessa precisione si ritrovava nell’esposizione dei risultati e la stessa cura nella definizione del messaggio da dare alla fine di ogni lavoro. Quello che ne veniva fuori assomigliava a piatti semplici, preparati con cura a partire dai prodotti delle colline immerse nel verde.

Barbara sapeva stare al confronto e la sua presenza contribuiva a creare una buona sintonia nei gruppi ai quali partecipava. Quella sua presenza era seria e professionale e allo stesso tempo rispettosa degli altri e accogliente. Con la sua curiosità e apertura nell’osservazione dei fenomeni manteneva quella leggerezza di un passo frusciante. Sapeva stare in relazione, talvolta silenziosa, talvolta verbosa, sempre consapevole che si stava continuando a crescere insieme. Nelle comunicazioni, gli sguardi, i sorrisi e le espressioni accese precedevano e completavano le parole. Per noi che, in modo diverso, abbiamo percorso parte del nostro cammino professionale con lei, i valori e le visioni assonanti stavano alla base della scelta di condividere tante giornate di lavoro, a volte anche lunghe, e di fare un mestiere per quanto possibile al servizio della nostra comunità.

Può essere questo che ci ha lasciato nella sua scia: sensazioni diverse a seconda di chi l’ha avvertita, perlomeno sapendo che in tutto quel paesaggio al centro c’è la persona, la sua dignità e il rispetto, e che le energie che porta una stella rimangono vibranti anche quando è lontana.

Nicola Caranci, Chiara Di Girolamo

Note

1 Erri De Luca, I pesci non chiudono gli occhi. Feltrinelli, Milano 2017.
2
I controlli di Pacelli.

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