Riassunto

Gli indicatori sanitari e l’epidemiologia hanno una lunga consuetudine, che periodicamente vive ritorni di fiamma legati a nuove esperienze. È quello che sta capitando negli ultimi anni in Italia con i principali programmi di valutazione del sistema sanitario e del governo clinico e con gli sviluppi dei sistemi informativi sanitari.

Sul versante della valutazione comparativa di sistema, qualche anno fa le ambizioni del Ministero della salute e delle Regioni di valutare la performance dei servizi sanitari regionali e locali hanno acceso un grande interesse per nuovi strumenti di valutazione comparativa, come il Sistema di valutazione del network delle Regioni.1

Sul piano istituzionale il monitoraggio dei livelli essenziali di assistenza (LEA) nell’SSN ha conferito un importante valore certificativo agli indicatori sanitari inclusi nella lista di garanzia dei LEA e ricavati dal nuovo sistema informativo sanitario (NSIS), ma in questo caso, trattandosi del risultato di una negoziazione tra soggetto valutatore e soggetto valutato, l’epidemiologia è stata coinvolta in modo marginale nella scelta degli indicatori. L’AIE ha dedicato il suo Convegno di primavera del 2010 proprio a questo tema e la rivista Epidemiologia&Prevenzione ha ospitato nella sua rubrica «Occhio ai granchi» alcune interessanti dimostrazioni dei problemi metodologici che uno sviluppo troppo disinvolto di tali indicatori di valutazione comparativa di performance può creare sul piano della rilevanza, della validità e della comunicazione. In particolare, un problema oggi sempre più evidente è quello della sintesi delle molteplici serie di indicatori sanitari oggi a disposizione, da cui si vogliono ricavare graduatorie e classifiche.

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