Riassunto

Il nudging, l’approccio di policy che, ispirandosi alle behavioral sciences, promuove i comportamenti individuati come desiderabili dal legislatore senza imporre proibizioni o costrizioni, ha guadagnato grande favore nel campo delle politiche della salute. Le strategie di induzione psicologica appaiono ideali per implementare stili di vita più sani e programmi sanitari minimizzando i costi di attuazione: dalla donazione degli organi alle scelte alimentari, dalla lotta contro obesità e malattie croniche alle politiche di screening. Il nudging, tuttavia, non è privo di problematicità, in particolare nel settore della salute, che trova nel consenso libero e informato dei cittadini il proprio principio fondativo. Le politiche di screening dei tumori, e in particolare del tumore della mammella, rappresentano un esempio interessante perché proprio in tali programmi il nudging ha avuto grande fortuna, ma al tempo stesso ha fatto emergere serie perplessità. Benché sostenuto dalle politiche di molti paesi, lo screening della mammella continua a essere oggetto di controversie – dal suo impatto sulla riduzione della mortalità ai rischi di sovradiagnosi – che, mettendone in dubbio la validità, diminuiscono anche l’efficacia dei programmi. Il nudging è apparso, quindi, come un approccio importante per aumentare la partecipazione, anche se i risultati delle misure ad esso ispirate restano problematici. Il nudging può rappresentare uno strumento utile e potente se vengono pienamente definite le sue condizioni di legittimità, che riguardano il “posto giusto” degli strumenti di persuasione dolce nel quadro degli interventi normativi. Il “posto giusto” del nudging nella costruzione delle politiche science-based è parte di un più generale ripensamento dei caratteri della democrazia nelle società della conoscenza, vale a dire delle procedure con cui le istituzioni democratiche validano e legittimano, quale fondamento delle proprie scelte normative, saperi incerti e controversi.

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